sabato 10 aprile 2010

RACONTI PARTIGIANI - INTERVISTA A UMBERTO RESPIZZI (n° 1 - luglio 2009)

Abbiamo intervistato Umberto Respizzi, "Luccio", ex operaio Necchi e combattente in Oltrepò pavese nella brigata "Rino Balladore"

QUANDO HA FATTO LA SCELTA DI ENTRARE NELLA RESISTENZA?
Il 9 settembre del ‘43 ero già partigiano, avevo 12 anni. Avevo uno zio che era comunista, era stato in galera, quando arrivava qualche gerarca fascista a Pavia lo mettevano in galera, e lo pestavano da 5 giorni prima a 5 giorni dopo. Due fratelli di mia madre e un cugino erano morti nella guerra ‘15/’18, a 18 anni. Uno era stato fucilato per diserzione, la seconda volta che scappava. In famiglia non c'erano fascisti, erano tutti contro e sono venuto su con quella mentalità lì. Allora andavo all'oratorio san Luigi, in via Menocchio, a giocare a pallone. C'era un ragazzo che abitava vicino all'ex caserma Rossani, in via Riviera, che confinava con la boscaglia. Questa ragazzo che veniva lì a giocare mi ha detto: lì i soldati buttano via le armi, in questa boscaglia. Siamo andati e la boscaglia era piena, pistole, pezzi di pistole. Le buttavano prima di scappare. Allora andavamo lì a recuperare la roba, poi la portavo da mio zio e da un altro suo compagno, a porta Calcinara, fatte su in un sacco. Ecco, questa è la mia prima azione da partigiano. Perchè la Resistenza non erano solo i partigiani in montagna, la Resistenza era la gente che ti aiutava, che chiudeva gli occhi, che faceva finta di niente. Ad esempio quando ero già in Oltrepo mi hanno mandato a Broni a incontrare una donna, del Partito socialista, che si scoprì che era una spia, che doveva darci una busta. Sapevo che doveva arrivare con tre uomini che dovevano entrare nei partigiani. Io li ho visti, anche se c’era buio, erano già ammanettati, e c'erano altri due o tre in borghese, vestiti bene, e ho capito che erano fascisti che mi aspettavano. Sono scappato, hanno sparato due colpi, al buio. Sulla strada c'era un uomo con la bicicletta. Non sapeva chi ero, ma aveva capito, e mi ha lasciato la bicicletta. Quella era la Resistenza.
A CHE ETA' E' PARTITO?
Tredici anni. Sembravo più grande, ma comunque facevano buoni tutti. Siamo partiti in due con una bicicletta, sono arrivato a Pinarolo Po da uno zio, e poi siamo saliti in collina. Sapevamo di dover arrivare al Carmine. Ho scoperto che il comandante della zona era un mio vicino di casa, il ragionier Truffi, che abitava a Pavia, a 50 metri da me.
IN CHE BRIGATA?
Brigata "Rino Balladore", erano tre distaccamenti. Ma non c'era niente di fisso, era tutto su basi volontarie, diversi Partigiani cambiavano brigata, lasciavano giù l'arma e andavano. La mia prima tessera era del "Battaglione autonomo Rino Balladore", Quarta divisione Gramsci. Truffi era vicecomandante della Matteotti, poi la nostra si è costituita come autonoma. Aiuti non ne avevi, se sei autonomo ti arrangi. A livello militare l'addestramento infatti è stato molto poco: mi hanno fatto sparare sei colpi con un moschetto da carabiniere a dei barattoli di latta appesi ai rami degli alberi. Anche se c'era un certo Folgore, che aveva fatto il militare, era un artificiere, e insisteva, voleva che ci fosse un po' di disciplina: pulire le armi eccetera, fare un addestramento.
HA PERSO MOLTI COMPAGNI?
Nella mia brigata ho perso due compagni, ma abbiamo avuto dei dispersi, che poi dopo la guerra non sono stati più cercati. Poi dopo il 25 Aprile, siamo stati a Pavia, poi a Milano e di nuovo a Pavia. Il 28 ottobre del ‘45 ci hanno detto di consegnare le armi, ci hanno dato 12mila lire, una coperta, del cotone per camicia e un paio di scarponi militari nuovi. E han detto: andate a casa. Quando abbiamo consegnato le armi c'era un tenente americano, che diceva: voi avete fatto la guerra con queste armi? Non ci credo. Erano tutte vecchie. Poi è arrivata l'amnistia Togliatti. Si sono nascoste delle armi, ma arrivavano le chiamate ai carabinieri che infatti hanno trovato tutti i magazzini.
COME E’ STATA PER LEI LA VIGILIA DEL 25 APRILE?
A noi non avevano detto che era l'insurrezione. Noi dovevamo prendere la caserma di Casteggio, e lì abbiamo avuto non un morto, ma quasi. Magari i comandanti sapevano, noi pensavamo solo a prendere la caserma. Era il 26 aprile. Ci avevano detto che i fascisti erano scappati, invece erano là che ci aspettavano. Nessuno di noi era di Casteggio, non sapevamo bene dov’era questa caserma, siamo arrivati lì sotto di notte, con la pioggia, e i fascisti si sono messi a sparare. Ci sono stati 3 feriti, un mio compagno ha preso una raffica sotto la pancia, 7 colpi, è rimasto in punto di morte un mese, l’hanno salvato ma è rimasto invalido. E dopo due anni non aveva ancora visto uno straccio di pensione, poi è morto nel ‘51. Dopo la Liberazione, la cosa bella è stata la felicità che c'era in giro, la gente che ci applaudiva. Siccome ero un ragazzo mi mettevano in testa quando sfilavamo nei paesi, allora c'erano queste ragazze che mi abbracciavano, la gente che ti invitava in casa. Si diceva: adesso cambia tutto, cambia tutto. Non è cambiato niente.
A PROPOSITO DI QUESTO, COSA PENSA DELLE PERSECUZIONI VERSO I PARTIGIANI?
Ecco, poi c'è stata la rivincita dei fascisti. Come dice Giorgio Bocca, l'Italia è per metà un paese fascista. Era in mano ai fascisti ed è rimasto in mano ai fascisti. Per fare un esempio, la prima volta che sono venuto a Pavia dopo, vado al Broletto dove c'era la sede del partito e dell'Anpi, e vedo un certo Maestri con la macchina del partito. Maestri era nella Guardia nazionale repubblicana! Mi dicono che è il nipote del responsabile della federazione comunista.
CHE RUOLO AVEVA IL PC IN OLTREPO?
Da noi praticamente non c'era. A me e a qualche altro hanno fatto la tessera, in sei nella brigata. Ma non abbiamo mai fatto riunioni, lì la gente non parlava di politica. In altre regioni, come in Emilia, o certa gente politicizzata sì, ma noi eravamo tutti giovani, io avevo quattordici anni, alcuni quindici, altri diciotto, gente di leva. A noi non hanno mai fatto lezioni politiche. Si portava la falce e il martello, c'erano le canzoni eccetera, ma la Russia era qualcosa di lontano. La Resistenza forse doveva durare di più, e fare le scuole, non tanto di partito ma di preparazione alla vita democratica. C'era confusione, mi ricordo uno che diceva di essere “comunista badogliano”. Io sono stato iscritto per due anni al Partito comunista, poi sono uscito: non riuscivo a capire perché, ma capivo che cambiava, mentre io sarei tornato in montagna.
COM’ERA LA VITA IN COLLINA?
Per mangiare si mangiava. Si mangiava pane bianco, che in pianura era impensabile, e carne ce n’era. Poi capitava il giorno che non si mangiava. Di solito dormivamo nelle stalle. Per capire se uno era fascista, una spia, guardavamo il collo della camicia e le calze, per vedere da quanto lontano poteva arrivare. Per noi partigiani era un attimo, bastava annusarci. Poi ci si divertiva, per me il fatto di essere considerato grande era il massimo. C’era una eguaglianza di base e tutti si interessavano agli altri. Quando c’è stato il rastrellamento dei “mongoli” c’era un metro di neve, e nella neve io camminavo nelle orme degli altri, e viaggiavo, infatti mi chiamavano Luccio, perché il luccio è un pesce svelto. Ma quando avevo bisogno c’erano quelli che mi aiutavano. Una volta durante un’azione sono rimasto solo e uno è tornato indietro a prendermi: avevano dato l’ordine di ritirarsi e io non avevo sentito. Sono momenti nella vita che ti colpiscono, che non puoi dimenticare. Ti sentivi un altro, ti sentivi libero, c’era speranza. E vedevi il sostegno della gente, ci volevano bene. Quando passavi nei paesi ti davano un pezzo di pane, una fetta di lardo, un bicchierone di vino. E non avevano niente, andavi in certe case che erano poverissime, e capivano che avevi bisogno. Invece adesso se vai su appena vedono uno che non conoscono chiamano il 113. Oggi sarebbe impensabile la Resistenza, la gente è diversa.
COSA NE PENSA DELL'ITALIA DI OGGI?
C'è da andare all'estero. Io ce l'ho con la povera gente, perchè i voti Berlusconi li becca dai poveri, perchè chi ha un minimo di cultura non vota Berlusconi. Lo vedi dai seggi elettorali, nel mio collegio siamo tutti operai o ex operai, e Berlusconi ha il 60%.
VEDE IL RISCHIO DI UN RITORNO ALLA DITTATURA?
Sì, secondo me siamo all'inizio. Guarda queste leggi. Quando uno ti dice che io non ti posso processare perchè sei presidente del consiglio, sei un dittatore. Forse non ce l'aveva neanche Ceausescu.
COSA NE PENSA DELL'ANPI? E COME E’ CAMBIATA NEGLI ANNI?
L'Anpi è nata bene. Poi si è arrivati al punto da fare i presidenti a rotazione: due anni il comunista, due anni il socialista eccetera. E' un'associazione di reduci, che poi si è chiusa. Per esempio io ho proposto di aprire il tesseramento ai giovani, ma hanno detto che se volevano i giovani potevano iscriversi, ma senza avere diritto di voto. Quindi è rimasta un'associazione di reduci, e è sbagliata questa cosa, ora sta morendo l'Anpi. Adesso per esempio hanno tirato dentro nel direttivo gli storici. Non i giovani, ma gli storici.
LA POLITICA CHE FA OGGI E' TROPPO MODERATA?
L'Anpi in un certo momento aveva dentro Taviani, ministro degli interni democristiano, partigiano, che poi si è scoperto che era l'autore del famoso armadio della vergogna, con tutte le documentazioni delle stragi fasciste nascoste. Le ha nascoste Taviani, partigiano, e l'Anpi niente. Per quanto riguarda Pavia, ho scoperto che un mio compagno della Necchi era stato nelle SS alla Risiera di San Sabba, e che il governo iugoslavo aveva chiesto l'estradizione. Sono stato l'unico a dir qualcosa. Siccome aveva preso la tessera del Pc, dicevano: insomma, è un compagno, è un operaio, bisogna capire, era giovane. E invece sono morti dei fascisti anche inutilmente. Mi ricordo Turati, un ragazzo di 15 anni, che era nella Sicherheit a Broni. Ha fatto 6 mesi di galera e poi è uscito. Io gli avevo detto di non farsi vedere più in giro. Qui a Pavia l'hanno fatto fuori, gli hanno sparato. Invece i pezzi grossi non sono stati toccati. Dopo il 25 Aprile ci sono state pochissime condanne a morte per i fascisti, e hanno pagato soprattutto gli stracci, gli ultimi.
IN OLTREPO CHE GRUPPI FASCISTI C’ERANO?
In Oltrepo tra i vari gruppi c'era questo Sicherheit, “servizio di sicurezza tedesco” (formato da italiani), che era una banda, non avevano inquadramento militare, venivano da tutti i corpi. Disertavano dai loro corpi per andare nella Sicherheit, perché prendevano 2500 lire al mese, quando c’era la canzone “se potessi avere 1000 lire al mese”, erano pagati bene. Non erano organizzati, militarmente quando hanno tentato qualche puntata le hanno prese. Facevano da polizia, avevano le spie, torturavano e uccidevano, ma non era un corpo militare, andavano senza divisa. Ma ne hanno lasciati di morti. A Cigognola torturavano i partigiani, poi li mettevano su un camion, li portavano in diversi paesi, gli sparavano e li lasciavano sulla strada con un cartello con scritto che erano partigiani e che nessuno doveva toccare i corpi per tre giorni. Da lì si sono salvati in pochi: una era una donna, era moglie di un partigiano, l’hanno violentata per tre mesi e poi quando è uscita l’hanno dovuta mandare in manicomio per un anno. La gente di Cigognola sentiva le urla dei partigiani torturati che uscivano dal castello, specialmente di sera. Li tenevano nelle gabbie per i maiali. Alcuni li hanno buttati ancora vivi nei pozzi. Hanno ammazzato anche gente che non c’entrava niente, hanno ammazzato per scommessa, come al tiro a segno, un bambino di nove anni. Dopo il rastrellamento fatto dai “mongoli” (la 162esima divisione tedesca “Turkestan”) gli ufficiali tedeschi gli hanno lasciato carta bianca per due giorni. Hanno violentato tutti, dalle bambine di 12 anni alle donne di 70. A Zavattarello, nella scuola, hanno portato una sessantina di donne, e i mongoli che passavano facevano una sosta. E fuori c’erano i fascisti a far la guardia. I fascisti non erano combattenti, erano bestie. Ci sono stati dei paesi in cui hanno fatto dei massacri, per esempio a San Damiano, che era considerato un covo di comunisti. Sono andati quando c’era la festa del paese, sono saltati giù da un camion e hanno iniziato a sparare: hanno ammazzato 7 civili, anche una bambina. O nel piacentino, hanno cercato di assalire il Valoroso alla “rocca”, siamo arrivati noi e Giustizia e libertà e i fascisti si sono ritirati. Lì abbiamo avuto tanti morti. Nel ritirarsi sono passati dal paese di Stra, che non era neanche zona partigiana, da dove erano scappati quasi tutti, erano rimasti un vecchio, un paralitico con la moglie, una donna con un bambino di sei mesi e pochi altri. Li hanno ammazzati tutti. Poi dicono che siamo tutti uguali. Non possiamo essere uguali, non può esserci una riconciliazione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ecco lo zio (mio nonno)"pestato da 5 giorni prima a 5 giorni dopo "
http://imageshack.us/photo/my-images/821/img009xf.jpg/