Sulla collina del piccolo paesino di Cigognola, in Oltrepò, sorge un antico maniero, di epoca medievale. La torre, oggi di proprietà di una certa Letizia Brichetto-Arnaboldi “in Moratti”,
si porta sulle spalle un pesante fardello, carico di doloree di morte.
Dopo l'8 settembre, mentre in tutto il centro-nord I talia infuriava una durissima guerra civile fra fascisti e nazisti da una parte, partigiani e alleati dall'altra, il castello di Cigognola divenne il quartier generale di un reparto di polizia militare che, per le gesta compiute, fino a pochi anni fa riusciva ancora a far venire i brividi lungo la schiena ai nostri nonni al solo sentirlo nominare. Si tratta della Sicherheits, meglio nota nella zona come “Sicherai”. Anche se il nome è tedesco, in realtà il reparto era costituito da militari repubblichini, più qualche tedesco che però lavorava da “battitore libero”. Scopo di questo reparto era la raccolta di informazioni sulle formazioni partigiane presenti nella zona, l'interrogatorio dei prigionieri, l'utilizzo di metodi coercitivi per ricordare alla gente del luogo a chi doveva fedeltà oltre a tutte quelle che comunemente vengono considerate le mansioni di una polizia militare.
I l comandante della Sicherheits era un ometto magrolino, che rispondeva al nome di Felice Fiorentini. A lui era stato affidato il comando della polizia militare, e sotto di lui questa polizia compirà delle azioni terribili. Durante la Liberazione, a Fiorentini toccò una sorte particolare, che è stata vissuta in prima persona e raccontata dal comandante partigiano della valle Versa, Cesare Pozzi, nome di battaglia, Fusco.
“I l 28 aprile ricevetti una telefonata che mi avvisava di precipitarmi alla caserma dei Carabinieri di Broni, che il colonnello Fiorentini era tenuto lì prigioniero e che bisognava spostarlo da quel posto perché la gente – racconta Fusco – aveva circondato la caserma ed era intenzionata a fargli la pelle”. Fiorentini era stato catturato la mattina da alcuni partigiani nei boschi appena fuori Mezzanino. Probabilmente, dopo essere stato abbandonato dai suoi uomini, Fiorentini voleva tentare di raggiungere Milano per consegnarsi agli americani. “La situazione era molto grave. La gente voleva Fiorentini, e noi non avevamo le forze per poterlo difendere. Decisi allora di spostarlo alla prigione di Stradella, ma la notizia corse veloce e gli assalti non tardarono ad arrivare. Tentai allora di trasferirlo a Montu Beccaria, in una piccola caserma dei Carabinieri, però lì sarebbe stato al sicuro, almeno così pensai.”
Non passò molto tempo, però, che la gente seppe dove il repubblichino era tenuto prigioniero e si riversò tutt'attorno la caserma. Fu in queste circostanze che Fusco ebbe l'idea della gabbia.
“Avremmo potuto portarlo in capo al mondo e ci avrebbero comunque trovati. Se la gente voleva vedere Fiorentini, allora noi lo avremmo mostrato loro. Fu in quella situazione che decidemmo di metterlo in una gabbia su di un camion e partire per Milano. Non mettemo mai le sue due figlie nude in un'altra gabbia accanto a lui. Questa è una sporca menzogna portata avanti da troppo tempo dai fascisti. Le sue figlie in quei giorni si trovavano in un campo di concentramento americano in Toscana.”
La gabbia venne fatta fare velocemente da un falegname; i partigiani vi misero dentro Fiorentini e partirono alla volta di Milano. “L'idea – spiega Fusco – era di consegnarlo al CLN milanese, perché fosse giudicato da un tribunale del Popolo. L'idea della gabbia funzionò, la gente lo insultò e in alcuni casì gli lanciò un po' di tutto ma la sua incolumità venne salvaguardata. Giungemmo a Milano nel tardo pomeriggio del 29, ma Italo Pietra, “Edoardo”, mi disse di portarlo al CLN di Voghera, che se ne sarebbero occupati loro del processo. In quell'occasione, quando Pietra si trovò di fronte Fiorentini, ricordo che tirò un pugno fortissimo contro il muro dicendo: Colonnello, io questo pugno dovrei darglielo in faccia per le nefandezze commesse dalla sua masnada in Oltrepò, al resto provvederà la giustizia, portatelo via!”.
I l Colonnello Felice Fiorentini venne portato a Voghera dove venne consegnato al comando partigiano. Giudicato da un tribunale del Popolo venne condannato alla pena capitale. La sentenza venne eseguita il giorno seguente, il 3 di maggio, alle Piane di Varzi, dove circa un anno prima la Sicherheits aveva fucilato tre partigiani.
I partigiani che il 25 aprile entrarono nel castello di Cigognola trovarono le stanze adibite all'interrogatorio dei partigiani con macchie che arrivavano fino al soffitto. Dei molti prigionieri che la Sicherheits interrogò in quelle stanze, diversi non vennero mai più trovati.
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