sabato 10 aprile 2010

CON GLI IMMIGRATI. CRONACHE DAI C.I.E. (n° 3 - aprile 2010)

I c.i.e. sono luoghi, sparsi in tutta Italia, dove vengono rinchiusi i migranti clandestini. L'introduzione di questo strumento di dominio è merito del governo di centro sinistra che, nel 1998, ha deciso di utilizzare soldi pubblici per dotare la comunità di queste strutture. Il perfezionamento e l'inasprimento delle condizioni detentive è poi toccato al centro destra: il pacchetto sicurezza varato dal razzista Maroni ha introdotto il reato di clandestinità, prolungato la detenzione da 2 a 6 mesi e reso molto più complesse le procedure per ricevere il permesso di soggiorno. Nell'Italia di oggi i c.i.e. sono, probabilmente, i luoghi in cui il potere si scaglia più crudelmente contro la libertà e la dignità umana. Pestaggi, torture, detenzione senza processo sono prassi quotidiana per chi non ha quel maledetto pezzo di carta. Inevitabilmente i c.i.e. diventano anche i luoghi in cui il conflitto si fa più radicale, lasciamo quindi la parola direttamente a chi lotta, con lo scopo di fare da cassa di risonanza a loro, rompendo il silenzio e l'indifferenza che dilagano su questo tema.


Dal 3 di marzo nel c.i.e. di via Corelli (Milano) si sta svolgendo uno sciopero della fame, questa è una parte del comunicato di rivendicazione dei migranti reclusi.

"Siamo stanchi di non vivere bene. Viviamo come topi. La roba da mangiare fa schifo. Viviamo come carcerati ma non siamo detenuti. I tempi di detenzione sono extra lunghi perché 6 mesi per identificare una persona sono troppi. Siamo vittime della Bossi Fini. C'è gente che ha fatto una vita in Italia e che ha figli qua, gente che ha fatto la scuola qui e che è cresciuta qui. Non è giusto. Non siamo delinquenti. L'80 per cento di noi ha lavorato anni per la società italiana e si è fatta il culo. I veri criminali non ci sono qui. Una settimana fa uno di noi ha cercato di suicidarsi. Poi sono arrivati i poliziotti coi manganelli per picchiarci come criminali o animali. Siamo stanchi di questa vita. Vogliamo essere liberi come dei gabbiani e volare. Però sei mesi sono troppi per un'identificazione, qui è peggio, peggio della galera.
La gente uscita dal carcere viene riportata qui altri sei mesi dopo che ha pagato la sua pena, non è giusto. La gente che ha avuto asilo politico dalla Svizzera o da altri stati in Europa e del mondo qui in Italia non li accettano, non è giusto. I motivi dello sciopero è che i tempi sono troppo lunghi e abbiamo paura perché due di noi sono morti dopo che sono stati espulsi altri sono pazzi e noi non sappiamo cosa fanno loro dopo l'espulsione, e per andare ti fanno le punture e diventi pazzo, alcuni muoiono. Entrando qui eravamo tutti sani e poi usciamo che siamo pazzi. Inoltre rimarremo in sciopero fino a che non fanno qualcosa per quelli arrestati di Torino che hanno fatto tante cose per noi e che ora son in carcere(*).
Come scrive Dante il grande poeta "Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare"

(*): in questa parte i reclusi si riferiscono agli arresti e le perquisizioni effettuati a Torino contro i redettori di Macerie e Radio Black Out, compagni che sostengono da tempo le lotte nei CIE.

In questa seconda parte vengo descritte, da varie testimonianze, raccolte da dentro il c.i.e. di via Corelli, le condizioni detentive dei clandestini. Il tutto è tratto dal blog noinonsiamocomplici.noblogs.org

“Siamo in 20 persone che stiamo facendo lo sciopero della fame. In ogni stanza siamo in 4 persone. I muri son pieni di muffa le lenzuola vengono cambiate una volta alla settimana mentre le coperte non vengono mai cambiato. Ogni 15 giorni ci danno un bagnoschiuma. Alla sera dobbiamo pulire noi la stanza con la scopa e il secchio. Le finestre sono senza tende così la mattina presto entra la luce. Noi siamo obbligate a mettere le coperte sulla finestra per dormire. Il bagno è uno schifo. E’ molto sporco. Gli scarichi son tutti intasati, dobbiamo fare per forza i nostri bisogni in piedi. Alle 8 e mezza di mattina ci portano un bicchiere di latte e una brioche. Non possiamo bere le cose calde se non con la macchinetta a pagamento. Il cibo è molto scadente, ci portano spesso il tacchino. Noi che abbiamo il silicone non possiamo mangiare il tacchino. Per questo a molte di noi sono venute infiammazioni alle protesi ai fianchi al seno nei glutei. Quando andiamo alla croce rossa per i nostri problemi di salute ci danno dei tranquillanti per togliere il dolore, ma queste gocce ci fanno addormentare. Quando abbiamo troppo dolore ci danno la tachipirina”.“Io mi chiamo [...] sono qua da una settimana. Ho subito iniziato lo sciopero della fame perché non possiamo stare qua 6 mesi. Inoltre sono sieropositiva, avevo da fare gli esami del sangue per valutare quali medicamenti prendere invece son stata portata qui e mi hanno fatto saltare la visita. Ho avuto tre giorni la febbre molto alta. Stavo così male che mi hanno portato in ospedale al policlinico per un blocco intestinale. Dopo di che mi hanno riportato in Corelli sempre senza le medicine per l’hiv. Io sono in Italia da nove anni, mi sono ammalata in Italia e non posso stare qua dentro. Abbiamo bisogno di mantenerci e di mantenere la nostra famiglia al paese. Noi vogliamo la nostra libertà perché non abbiamo fatto nulla e ci obbligano a stare qua dentro senza potere fare nulla. C’è una psicologa che viene dentro una volta alla settimana, ma tanto alla fine ci danno sempre 30 gocce di Valium o per dormire e via…poi diventiamo tutte dipendenti”.“Io ho avuto un incidente molto grave fuori da qua. Ero ancora in cura con la fisioterapia e invece mi hanno presa e portata al cie. Mi ero fratturata la scapola sinistra il femore e il ginocchio. Qui spesso la ferita alla gamba mi si infiamma. Vado in infermeria, mi danno una crema idratante e basta. Molte di noi sono state prese a Pisa, chi ci viene a trovare ha diritto a 7 minuti di colloquio dopo 5 ore di viaggio… È pieno ovunque di scarafaggi e vermi nei water e nella doccia. La polizia ci maltratta, ci trattano come cani, ci insultano dicendo che siamo tutti gay, fanno battute sessiste nei nostri confronti. Quando diciamo cose che non gli vanno bene ci danno schiaffoni in faccia, per qualunque cosa ci aggrediscono e ci trattano come se non fossimo come esseri umani, con totale disprezzo. Sappiamo che una trans a Natale s’è suicidata qua dentro… c’è una ragazza dentro da quattro mesi che ha visto quello che è successo quando la ragazza si è suicidata e ora è del tutto fuori di testa, perché una persona normale non può sopravvivere qua dentro e molti vedono come unica uscita la morte… Ci sono persone con casi psichiatrici e dobbiamo vivere tutti assieme in una situazione di conflitto, con diverse patologie tutti assieme e qua entro siamo costretti a convivere con malattie diverse, neppure in carcere è così”.Ed una testimonianza dal reparto donne:“Mi chiamo [...] vi racconterò la mia storia. Sono arrivata in Italia come turista perché mi piaceva molto questo paese. L’ultima volta mi ha fermato la polizia, mi hanno chiesto il permesso di soggiorno. Io avevo solo il visto come turista ma mi hanno portato in questura dove son stata 3 giorni e poi in Corelli. Mi hanno presa il 26 gennaio e avevo in tasca il biglietto dell’aereo per tornare in Brasile il 16 febbraio…beh son ancora qui. Ora dovrò uscire da questo paese come una criminale, scortata dai poliziotti. Non immaginavo che in Italia potesse esistere un posto come questo. Mi sento inutile, sto molto male. Ci trattano come animali, e questo è solo l’inizio… dovremo fare sei mesi in questo inferno per poi uscire di qua con un’espulsione per dieci anni. Chiediamo a tutti che ci ascoltino che anche se ci dicono clandestini siamo gente di buon cuore. Siamo venuti in cerca di una vita migliore. Stiamo facendo lo sciopero per fare capire alla gente che siamo esseri umani e abbiamo il diritto di vivere qua come tutti gli altri e che non ci possono togliere la libertà. Ci dovrebbero esser altri modi per ottenere questo pezzo di carta senza passare da questo inferno. È veramente una legge ingiusta, non so chi l’ha inventata e non vogliamo rispettarla. Per noi l’unica opzione che abbiamo è lottare”.


Durante la stesura di questo giornale apprendiamo che sette ragazzi sono riusciti ad evadere dal c.i.e. Di Torino. Gioiamo e auguriamo buona libertà ai fuggiaschi, per quanto si possa essere liberi senza quel maledetto pezzo di carta...

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