Nella giornata del 3 ottobre a Bilbao si sono riversati per le strade migliaia di Baschi, in corteo per la libertà del loro popolo soggetto a fortissime repressioni da parte dello stato spagnolo. Secondo il quotidiano basco “GARA” in corteo erano presenti 46 mila persone, che portavano avanti la proposta di un processo democratico di pace per la risoluzione del conflitto.
La repressione spagnola va a colpire in tutti gli aspetti della vita pubblica dei cittadini e delle cittadine dei Paesi Baschi, che si vedono quotidianamente infrangere i loro diritti fondamentali, come ad esempio il diritto di essere informati. Nel 1998 per la prima volta dal dopo la guerra in Europa vennero fatte chiudere una testata giornalistica ed una stazione radiofonica: questo è ciò che avvenne al quotidiano EGIN ed alla stazione radiofonica EGIN IRRATIA .
EGIN, giornale indipendentista, iniziò la sua attività nel 1977 per una forte esigenza del popolo basco di creare un proprio organo di informazione, diventando di fatto un forte mezzo comunicativo per tutti i cittadini e le cittadine e per i movimenti sociali nati durante quegli anni, e per mostrare a livello internazionale quale era ed ancora oggi è la macchina repressiva dello stato spagnolo nei confronti dei baschi.
EGIN durante gli anni novanta si occupò di moltissime inchieste di denuncia sulla corruzione, sul narcotraffico, fino ad arrivare al terrorismo di stato portato avanti da formazioni paramilitari: i cosiddetti GALL (gruppi armati di liberazione), formazione composta da esponenti dell’estrema destra spagnola ma anche da militanti della destra eversiva italiana. La stessa organizzazione terrorista, che venne analizzata nei vari dossier di EGIN, il 20 novembre del 1989 ne uccise il caporedattore, Jusu Moguruzza.
La stampa di EGIN venne considerata dalla Casa bianca come il “miglior foglio rivoluzionario al mondo”, per Madrid “il mirino di ETA”, per i Paesi Baschi un punto di riferimento.
Nel 1998 venne portato un attacco politico-repressivo condotto dai rappresentanti del potere dello stato contro EGIN e contro la sua impresa editoriale ORAIN SA, travolti da una forte criminalizzazione che divenne una vera e propria persecuzione politica, mediatica, giuridica.
Nella giornata del 15 luglio si presentò davanti alla sede di EGIN un massiccio quantitativo di forze dell’ordine, che entrarono nello stabile distruggendo gli archivi, rovinando i macchinari della tipografia, ed il ruolo che ebbe la magistratura fu quello di sbarrare le porte di EGIN per sempre. I capi d’accusa portati avanti dal giudice Baldasar Garzon si basavano sull’ipotesi che l’organizzazione ETA dirigesse la linea editoriale del giornale e che si occupasse dei finanziamenti.
Il giorno seguente alla chiusura i giornalisti di EGIN si riorganizzarono e decisero di fotocopiare un centinaio di copie di un vecchio numero di una testata registrata come “EUSKADI INFORMACION”, che scriveva come titolo in prima pagina “Egin egindo dugu” (“beccatevi Egin”), che venne distribuita a vari cittadini che si unirono anche loro alla protesta ed iniziarono a fotocopiare il giornale diffondendolo il più possibile: da cento copie divennero mille e cosi via.
A distanza di un anno la popolazione basca iniziò a sentire la mancanza di una testata giornalistica indipendentista che potesse dare una forte rappresentanza della cittadinanza, e a livello di mercato si creò un grosso buco commerciale. Prese vita il nuovo progetto giornalistico GARA, grazie alla partecipazione popolare tramite sottoscrizioni per l’acquisto di azioni. GARA, con la linea editoriale di EKNE, ha come scopo quello di riflettere la situazione sociale, economica e politica dei Paesi Baschi secondo una linea precisa: quella che difende la costruzione di Euskal Herria come paese in cui si rispettano i diritti, collettivi e individuali, di tutti i cittadini e le cittadine basche.
Nel 2003 l’Audiencia Nacional, sempre per mano del giudice Baldasar Garzon, ha esercitato la propria influenza nei confronti della tesoreria generale della previdenza sociale per far sì che venisse attribuita a GARA la responsabilità economica di un forte debito pari a 5,1 milioni di euro.
E ha affermato anche che tra le due testate giornalistiche (EGIN-ORAIN SA e GARA EKNE) esiste una successione editoriale.
In realtà questa è una grossa falsità perché non sussiste nessun collegamento tra ORAIN SA e EKNE visto che i beni imprenditoriali di EGIN sono stati messi sotto sequestro, ed il capitale che è stato usato per dare vita a GARA viene dal contributo di sottoscrizioni popolari. L’unica cosa che non è cambiata sono i giornalisti, visto che dopo la chiusura di EGIN si trovarono disoccupati.
In data 14 novembre 2009 in una conferenza stampa la Sinistra Abertzale (indipendentista) ha esposto una piattaforma politica basata su 7 punti per chiedere un tavolo di trattative con il governo spagnolo.
1. Il primo punto analizza la volontà popolare espressa attraverso vie pacifiche e democratiche,
diviene l’unico riferimento del processo di sviluppo così come per raggiungere gli accordi che dovranno essere condivisi dai cittadini e dalle cittadine. La sinistra Abertzale, come dovrebbe fare il resto degli attori politici, si impegna solennemente a rispettare ogni fase del processo decisionale che liberamente, pacificamente e democraticamente adotteranno i cittadini e le cittadine basche.
2. L’ordinamento giuridico - politico risultante, in ogni fase deve essere conseguenza della volontà popolare e deve garantire i diritti di tutti i cittadini e le cittadine. Le cornici legali vigenti in ogni fase non possono essere freno o ostacolo alla libera volontà popolare democraticamente espressa, ma devono essere bensì garanzia del suo esercizio.
3. Gli accordi da raggiungere nello sviluppo democratico dovranno rispettare e regolare i diritti riconosciuti tanto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, come nel Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali e il Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici, così come altre normative internazionali concernenti i Diritti Umani, siano essi individuali o collettivi.
4. Il dialogo politico inclusivo, a parità di condizioni, diviene il principale strumento per raggiungere accordi tra le differenti sensibilità politiche del paese. La sinistra abertzale dichiara la sua totale volontà di essere parte di questo dialogo.
5. Nel quadro del processo democratico il dialogo tra le forze politiche deve avere come obiettivo un Accordo Politico Risolutivo,che dovrà essere approvato dalla cittadinanza. L’accordo risultante dovrà garantire che tutti i progetti politici possano non solo essere difesi in condizioni di pari opportunità ed in assenza di qualsiasi forma di coesione o ingerenza, ma che possano materializzarsi se questo è il desiderio maggioritario della cittadinanza basca espresso attraverso i procedimenti legali idonei.
6. Il processo democratico deve svilupparsi in assenza totale di violenza e senza ingerenza, mediante l’utilizzazione di vie e mezzi esclusivamente politiche e democratiche.
7. Si deve stabilire un processo di dialogo ed accordo multipartitico a parità di condizioni tra l’insieme delle forze del paese, che favorisca la creazione di un quadro democratico con il quale la cittadinanza possa decidere liberamente e democraticamente rispetto al suo futuro come deciso dalla volontà popolare. D’altro canto deve stabilirsi un processo di negoziazione tra ETA e lo stato spagnolo che contempli la smilitarizzazione del paese, la liberazione dei prigionieri e prigioniere basche, garantire il ritorno degli esiliati ed esiliate e un trattamento giusto ed equo delle vittime del conflitto. Per tutto questo, riaffermiamo la nostra posizione senza riserve rispetto ad un processo politico pacifico e democratico per raggiungere una democrazia inclusiva dove il Popolo Basco, libero e senza intimidazione di alcun tipo, determini liberamente il suo futuro.
A questi sette punti lo stato spagnolo risponde con un silenzio assordante, continuando con il solito sistema repressivo.
Nella giornata del 5 settembre l’organizzazione ETA ha inviato un comunicato alla redazione della “BBC” in cui veniva esposta la dichiarazione dell’alt al fuoco da parte dei suoi militanti. ETA vuole dare un grosso segnale per intraprendere il cammino verso un processo democratico tramite l’espressione della volontà popolare, aprendo le porte verso un nuovo tipo di politica, abbandonando la lotta armata, per aprirsi ad un dibattito politico. Tutti uniti, i cittadini e le cittadine, le organizzazioni politiche, sociali e sindacali possono decidere liberamente, in democrazia, il futuro dei Paesi Baschi.
ETA riafferma la necessità di intraprendere un processo democratico per la risoluzione del secolare conflitto politico che attanaglia il popolo Basco, tramite un appello alla comunità internazionale sull’articolazione di una soluzione permanente e giusta, democratica, per la risoluzione del conflitto basco ad esempio come avvenne per Irlanda o Sud Africa.
Per i membri del governo e delle varie forze dell’ordine questa dichiarazione di ETA non è da prendere in considerazione perché sostengono che non abbia validità. Come sostenuto più volte le istituzioni non si accontenteranno di un alt al fuoco provvisorio o permanente, ma vogliono le dichiarazioni da parte di ETA di un totale scioglimento dell’organizzazione. La linea politica dello stato spagnolo rimane quella di continuare la lotta al terrorismo fino ad arrivare al totale smantellamento della cupola.
Martedì 28 settembre un’operazione repressiva da parte della polizia nazionale spagnola ha portato all’arresto di 7 militanti di Askapena (organizzazione internazionale basca) già da tempo soggetta a forte criminalizzazione da parte della stampa, che sostiene che questa organizzazione sia impiegata per mantenere i rapporti internazionali da parte di ETA.
Il capo di accusa rivolto dal giudice Pablo Ruz nei confronti dei sette militanti si basa sul teorema fondato dal giudice Baldasar Garzon “TUTTO è ETA” (in poche parole tutto ciò che entra in una logica indipendentista viene considerato ETA).
Questo è l’ennesimo attacco contro il processo di democratizzazione che sta avvenendo nei Paesi Baschi.
Lo stato spagnolo reprime, con il sangue, un popolo che sta decidendo il suo futuro in maniera del tutto indipendente. La Spagna deve accettare le condizioni poste dai cittadini e dalle cittadine basche in nome del diritto all’autodeterminazione popolare.
Gora Euskadi Askatuta
Euskal Presoak Euskal Herrira
Euskadi autodeterminazioa ta amnistia!
La repressione spagnola va a colpire in tutti gli aspetti della vita pubblica dei cittadini e delle cittadine dei Paesi Baschi, che si vedono quotidianamente infrangere i loro diritti fondamentali, come ad esempio il diritto di essere informati. Nel 1998 per la prima volta dal dopo la guerra in Europa vennero fatte chiudere una testata giornalistica ed una stazione radiofonica: questo è ciò che avvenne al quotidiano EGIN ed alla stazione radiofonica EGIN IRRATIA .
EGIN, giornale indipendentista, iniziò la sua attività nel 1977 per una forte esigenza del popolo basco di creare un proprio organo di informazione, diventando di fatto un forte mezzo comunicativo per tutti i cittadini e le cittadine e per i movimenti sociali nati durante quegli anni, e per mostrare a livello internazionale quale era ed ancora oggi è la macchina repressiva dello stato spagnolo nei confronti dei baschi.
EGIN durante gli anni novanta si occupò di moltissime inchieste di denuncia sulla corruzione, sul narcotraffico, fino ad arrivare al terrorismo di stato portato avanti da formazioni paramilitari: i cosiddetti GALL (gruppi armati di liberazione), formazione composta da esponenti dell’estrema destra spagnola ma anche da militanti della destra eversiva italiana. La stessa organizzazione terrorista, che venne analizzata nei vari dossier di EGIN, il 20 novembre del 1989 ne uccise il caporedattore, Jusu Moguruzza.
La stampa di EGIN venne considerata dalla Casa bianca come il “miglior foglio rivoluzionario al mondo”, per Madrid “il mirino di ETA”, per i Paesi Baschi un punto di riferimento.
Nel 1998 venne portato un attacco politico-repressivo condotto dai rappresentanti del potere dello stato contro EGIN e contro la sua impresa editoriale ORAIN SA, travolti da una forte criminalizzazione che divenne una vera e propria persecuzione politica, mediatica, giuridica.
Nella giornata del 15 luglio si presentò davanti alla sede di EGIN un massiccio quantitativo di forze dell’ordine, che entrarono nello stabile distruggendo gli archivi, rovinando i macchinari della tipografia, ed il ruolo che ebbe la magistratura fu quello di sbarrare le porte di EGIN per sempre. I capi d’accusa portati avanti dal giudice Baldasar Garzon si basavano sull’ipotesi che l’organizzazione ETA dirigesse la linea editoriale del giornale e che si occupasse dei finanziamenti.
Il giorno seguente alla chiusura i giornalisti di EGIN si riorganizzarono e decisero di fotocopiare un centinaio di copie di un vecchio numero di una testata registrata come “EUSKADI INFORMACION”, che scriveva come titolo in prima pagina “Egin egindo dugu” (“beccatevi Egin”), che venne distribuita a vari cittadini che si unirono anche loro alla protesta ed iniziarono a fotocopiare il giornale diffondendolo il più possibile: da cento copie divennero mille e cosi via.
A distanza di un anno la popolazione basca iniziò a sentire la mancanza di una testata giornalistica indipendentista che potesse dare una forte rappresentanza della cittadinanza, e a livello di mercato si creò un grosso buco commerciale. Prese vita il nuovo progetto giornalistico GARA, grazie alla partecipazione popolare tramite sottoscrizioni per l’acquisto di azioni. GARA, con la linea editoriale di EKNE, ha come scopo quello di riflettere la situazione sociale, economica e politica dei Paesi Baschi secondo una linea precisa: quella che difende la costruzione di Euskal Herria come paese in cui si rispettano i diritti, collettivi e individuali, di tutti i cittadini e le cittadine basche.
Nel 2003 l’Audiencia Nacional, sempre per mano del giudice Baldasar Garzon, ha esercitato la propria influenza nei confronti della tesoreria generale della previdenza sociale per far sì che venisse attribuita a GARA la responsabilità economica di un forte debito pari a 5,1 milioni di euro.
E ha affermato anche che tra le due testate giornalistiche (EGIN-ORAIN SA e GARA EKNE) esiste una successione editoriale.
In realtà questa è una grossa falsità perché non sussiste nessun collegamento tra ORAIN SA e EKNE visto che i beni imprenditoriali di EGIN sono stati messi sotto sequestro, ed il capitale che è stato usato per dare vita a GARA viene dal contributo di sottoscrizioni popolari. L’unica cosa che non è cambiata sono i giornalisti, visto che dopo la chiusura di EGIN si trovarono disoccupati.
In data 14 novembre 2009 in una conferenza stampa la Sinistra Abertzale (indipendentista) ha esposto una piattaforma politica basata su 7 punti per chiedere un tavolo di trattative con il governo spagnolo.
1. Il primo punto analizza la volontà popolare espressa attraverso vie pacifiche e democratiche,
diviene l’unico riferimento del processo di sviluppo così come per raggiungere gli accordi che dovranno essere condivisi dai cittadini e dalle cittadine. La sinistra Abertzale, come dovrebbe fare il resto degli attori politici, si impegna solennemente a rispettare ogni fase del processo decisionale che liberamente, pacificamente e democraticamente adotteranno i cittadini e le cittadine basche.
2. L’ordinamento giuridico - politico risultante, in ogni fase deve essere conseguenza della volontà popolare e deve garantire i diritti di tutti i cittadini e le cittadine. Le cornici legali vigenti in ogni fase non possono essere freno o ostacolo alla libera volontà popolare democraticamente espressa, ma devono essere bensì garanzia del suo esercizio.
3. Gli accordi da raggiungere nello sviluppo democratico dovranno rispettare e regolare i diritti riconosciuti tanto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, come nel Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali e il Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici, così come altre normative internazionali concernenti i Diritti Umani, siano essi individuali o collettivi.
4. Il dialogo politico inclusivo, a parità di condizioni, diviene il principale strumento per raggiungere accordi tra le differenti sensibilità politiche del paese. La sinistra abertzale dichiara la sua totale volontà di essere parte di questo dialogo.
5. Nel quadro del processo democratico il dialogo tra le forze politiche deve avere come obiettivo un Accordo Politico Risolutivo,che dovrà essere approvato dalla cittadinanza. L’accordo risultante dovrà garantire che tutti i progetti politici possano non solo essere difesi in condizioni di pari opportunità ed in assenza di qualsiasi forma di coesione o ingerenza, ma che possano materializzarsi se questo è il desiderio maggioritario della cittadinanza basca espresso attraverso i procedimenti legali idonei.
6. Il processo democratico deve svilupparsi in assenza totale di violenza e senza ingerenza, mediante l’utilizzazione di vie e mezzi esclusivamente politiche e democratiche.
7. Si deve stabilire un processo di dialogo ed accordo multipartitico a parità di condizioni tra l’insieme delle forze del paese, che favorisca la creazione di un quadro democratico con il quale la cittadinanza possa decidere liberamente e democraticamente rispetto al suo futuro come deciso dalla volontà popolare. D’altro canto deve stabilirsi un processo di negoziazione tra ETA e lo stato spagnolo che contempli la smilitarizzazione del paese, la liberazione dei prigionieri e prigioniere basche, garantire il ritorno degli esiliati ed esiliate e un trattamento giusto ed equo delle vittime del conflitto. Per tutto questo, riaffermiamo la nostra posizione senza riserve rispetto ad un processo politico pacifico e democratico per raggiungere una democrazia inclusiva dove il Popolo Basco, libero e senza intimidazione di alcun tipo, determini liberamente il suo futuro.
A questi sette punti lo stato spagnolo risponde con un silenzio assordante, continuando con il solito sistema repressivo.
Nella giornata del 5 settembre l’organizzazione ETA ha inviato un comunicato alla redazione della “BBC” in cui veniva esposta la dichiarazione dell’alt al fuoco da parte dei suoi militanti. ETA vuole dare un grosso segnale per intraprendere il cammino verso un processo democratico tramite l’espressione della volontà popolare, aprendo le porte verso un nuovo tipo di politica, abbandonando la lotta armata, per aprirsi ad un dibattito politico. Tutti uniti, i cittadini e le cittadine, le organizzazioni politiche, sociali e sindacali possono decidere liberamente, in democrazia, il futuro dei Paesi Baschi.
ETA riafferma la necessità di intraprendere un processo democratico per la risoluzione del secolare conflitto politico che attanaglia il popolo Basco, tramite un appello alla comunità internazionale sull’articolazione di una soluzione permanente e giusta, democratica, per la risoluzione del conflitto basco ad esempio come avvenne per Irlanda o Sud Africa.
Per i membri del governo e delle varie forze dell’ordine questa dichiarazione di ETA non è da prendere in considerazione perché sostengono che non abbia validità. Come sostenuto più volte le istituzioni non si accontenteranno di un alt al fuoco provvisorio o permanente, ma vogliono le dichiarazioni da parte di ETA di un totale scioglimento dell’organizzazione. La linea politica dello stato spagnolo rimane quella di continuare la lotta al terrorismo fino ad arrivare al totale smantellamento della cupola.
Martedì 28 settembre un’operazione repressiva da parte della polizia nazionale spagnola ha portato all’arresto di 7 militanti di Askapena (organizzazione internazionale basca) già da tempo soggetta a forte criminalizzazione da parte della stampa, che sostiene che questa organizzazione sia impiegata per mantenere i rapporti internazionali da parte di ETA.
Il capo di accusa rivolto dal giudice Pablo Ruz nei confronti dei sette militanti si basa sul teorema fondato dal giudice Baldasar Garzon “TUTTO è ETA” (in poche parole tutto ciò che entra in una logica indipendentista viene considerato ETA).
Questo è l’ennesimo attacco contro il processo di democratizzazione che sta avvenendo nei Paesi Baschi.
Lo stato spagnolo reprime, con il sangue, un popolo che sta decidendo il suo futuro in maniera del tutto indipendente. La Spagna deve accettare le condizioni poste dai cittadini e dalle cittadine basche in nome del diritto all’autodeterminazione popolare.
Gora Euskadi Askatuta
Euskal Presoak Euskal Herrira
Euskadi autodeterminazioa ta amnistia!
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