sabato 6 novembre 2010

Diritto al tetto (n°5, novembre 2010)


Non è il primo caso di sfratto nella provincia di Pavia, purtroppo non sarà nemmeno l’ultimo, eppure la storia della signora Zappalà di Gambolò è in qualche modo unica. Di fronte all’impossibilità di pagare un affitto, con un figlio a carico e senza un lavoro la signora Irene si vede crollare sulla testa una sentenza di sfratto. Cerca aiuto dalle istituzioni e trova solo porte chiuse. Cerca aiuto nel paese e trova quello della comunità Sinti che le offre una sistemazione in una roulotte, la aiuta a tirare avanti. La signora Zappalà, superando la vergogna di ammettere la propria difficoltà fa una scelta forte, una scelta coraggiosa: la signora Zappalà occupa. Si tratta dell’appartamento adiacente alla stazione di Gambolò-Remondò. Un posto fatiscente ma che con l’aiuto di un po’ di amici volenterosi sistema e rende confortevole ed accogliente. Parla con tanti giornalisti, tanti politici che si accorgono che aveva chiesto il loro aiuto solo quando forse ne possono ricavare un po’ di visibilità; parla con tanta gente che la aiuta, che tenta di darle una mano perché in fondo si sente partecipe della sua situazione.
Oggi la signora Irene non ha ancora finito di lottare, sta ancora aspettando la firma dell’accordo che le assegnerà legalmente quella casa e non ha ancora ottenuto l’allaccio della corrente elettrica, ha però capito tante cose grazie all’esperienza attraverso la quale è dovuta e sta ancora passando: la casa è un diritto e i diritti si conquistano. Anche con scelte forti, anche con coraggio.
Fornire dei dati certi sulla situazione degli sfratti nella provincia di Pavia risulta operazione difficile. Lo stato disastroso dell’assistenza offerta dalle istituzioni sul tema infatti, non arriva nemmeno a fornire un censimento attendibile ed aggiornato della situazione.
Di certo la crisi in città e provincia ha colpito e sta ancora colpendo duro. I posti di lavoro persi sono stati tanti, le famiglie che si sono viste portare via un reddito tantissime. I piani di edilizia popolare sono evidentemente insufficienti. Gli unici dati relativi alla situazione pavese ce li fornisce Giovanni Giovanetti dalle pagine del suo blog: “Nella provincia di Pavia oltre duemila famiglie sono a rischio di sfratto. Per la precisione, tra sfratti pendenti (844) e richieste di esecuzione (1.172) si sommano 2.016 casi. Aumentano del 27 per cento gli sfratti per morosità (nel 2009 se ne sono avuti 790, di cui 127 a Pavia); calano del 10 per cento quelli per finita locazione”. Di certo il problema del diritto alla casa non riguarda solo il territorio pavese, in Europa la crisi abitativa colpisce 70 milioni di persone mal alloggiate, di cui circa 18 milioni sotto sfratto e 3 milioni senzatetto. Tale numero sta ulteriormente crescendo a causa degli effetti della sopra citata crisi finanziaria globale, che sta facendo perdere la casa a livello europeo a circa 2 milioni di famiglie per morosità dei mutui. In altre realtà, in altre città, i cittadini esasperati da situazioni invivibili hanno deciso che non è più il momento di questuare e piangere per avere ciò che gli spetta. Molte sono le esperienze di occupazioni a scopo abitativo che si stanno sviluppando in tutta la penisola ed anche oltre i nostri confini. Il punto di forza del movimento di lotta per il diritto alla casa è la rete delle occupazioni abusive.
La condizione di occupante nasce infatti immediatamente come condizione di lotta, e gli stessi occupanti costituiscono quasi sempre un settore sociale estremamente unito e combattivo. Le occupazioni abusive sono un punto di forza anche per un altro motivo: con esse l' emergenza casa cessa di essere un discorso teorico e si veste di una concretezza drammatica e quotidiana. Anzi, sono proprio le occupazioni a far vivere la questione "casa” come uno dei fatti centrali della vita sociale. L’occupazione delle case sfitte, disabitate o in costruzione è diventata una realtà largamente diffusa che coinvolge famiglie e singoli operai, disoccupati, immigrati e giovani coppie.
Sotto il profilo legale, occorre in primo luogo fare una distinzione fra violazione della norma penale e di quella civile: chi occupa abusivamente un alloggio di proprietà pubblica può commettere il reato di occupazione abusiva, per il quale può subire una condanna penale e viola comunque una norma civile che consente al sindaco di far allontanare dai locali di edilizia pubblica l’occupante abusivo.
La norma penale di riferimento è l'art. 633 del codice penale ai sensi del quale: Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa,con la reclusione fino a due anni o con una multa da 103 euro a 1032 euro. Le pene si applicano congiuntamente, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi.
Anche a causa della forza di questi mezzi repressivi, l’ affermazione del diritto alla casa si può rivestire di concretezza solo in un percorso di lotta. Una lotta che rivendichi dei punti imprescindibili: il diritto alla casa rientra nella sfera dei bisogni primari, necessari e fondamentali alla stessa sopravvivenza, diritti inalienabili delle persone: non è cosa che può essere affrontata con provvedimenti giudiziari. Lo sfratto, qualsiasi sfratto, non è un fatto privato tra proprietario ed inquilino: esso è invece un fatto politico, d'urgente e drammatica rilevanza sociale.
I milioni di sfratti pendenti mirano soltanto a far crescere il numero dei bisognosi di case, gente sottoposta all’ odioso ricatto che va sotto il nome di "libero mercato delle locazioni". Ciò avviene in presenza di un patrimonio immobiliare consistente tenuto sfitto in nome della legge del profitto e del privilegio della rendita. Un censimento delle case sfitte e delle grandi strutture abitative vuote e/o semivuote (caserme, uffici in disuso, conventi e proprietà degli ordini religiosi) metterebbe in luce come a fronte di un'acutissima fame di case, prosegua lo scandalo di un immenso patrimonio abitativo tenuto in stato di non locazione.
Il patrimonio edilizio ostaggio degli interessi di pochi deve essere restituito alla collettività, devono essere colpite le speculazioni della grande e piccola proprietà immobiliare. Non si può più pensare di aspettare un aiuto promesso che non arriva o è comunque troppo poco. Aspettare una manna dal cielo che faccia svoltare situazioni oramai troppo pesanti.
Impariamo qualcosa dalla signora Irene, impariamo a prenderci ciò che ci spetta, impariamo a lottare per i nostri diritti o, la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti, continueranno impunemente ad essere calpestati.

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