venerdì 28 maggio 2010

STORIE DI ORDINARIA FOLLIA (n°4 - giugno 2010)


Premetto che, a mio modesto parere, Gianpaolo Pansa, e tutti gli storici come lui che si autodefiniscono “revisionisti” sono fondamentalmente dei gran buffoni, interessati più a fare propaganda politica che a raccontare la storia per quello che è stata veramente.
Detto questo è necessario, anzi, doveroso, far luce su alcuni momenti della storia del nostro paese che hanno avuto un’importanza rilevante, sopratutto per le conseguenze che ne sono derivate.
La XII Disposizione Transitoria e Finale della Costituzione Italiana cita testualmente: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.» Cosa giusta, senza alcun ombra di dubbio, se non fosse che alle prime elezioni politiche del '48 un partito dichiaratamente fascista, l'MSI era candidato, e per di più, per diverse legislature fu un importante – e ben voluto – alleato dell'allora Democrazia Cristiana. La Dc, per conto suo, non si era fatta mancare nulla: Amintore Fanfani, uno dei massimi esponenti del partito cattolico, non che futuro Presidente del Consiglio, era stato fra i firmatari del Manifesto della Razza pubblicato da Mussolini nel '38.
Cosa buona e giusta era stata la cattura e l'incarcerazione di migliaia di esponenti fascisti dell'ex Repubblica Sociale Italiana, ad opera sia di partigiani, ma anche di tantissimi cittadini che, stufi per le angherie subite in vent'anni – più due – di fascismo, avevano collaborato coi partigiani per consegnare alla giustizia i repubblichini ancora in libertà.
È questo il momento fondamentale, l'anello mancante per poter capire una serie di questioni che, ancora oggi, sono presenti nella nostra società ma hanno la loro nascita e sviluppo in quegli anni.
Il 22 giugno del '46, l'allora Ministro della Giustizia, Palmiro Togliatti, promulgò la tanto famosa e discussa amnistia. Con essa, tutti coloro che avevano commesso reati comuni e/o politici vennero rilasciati, praticamente in massa – grazie anche ad una serie di sentenze della Cassazione che allargarono maggiormente i paletti posti dal ministro Togliatti – permettendo in questo modo l'impunità di migliaia di fascisti che avevano commesso gravi reati durante la guerra civile. In poche parole all'Italia è mancato il suo processo di Norimberga, il suo processo di Tokio, un processo che sancisse la condanna ferma e decisa del fascismo in quanto tale.
Al suo posto è avvenuta una riabilitazione legale – e morale – dei criminali fascisti e, di conseguenza, anche di quelle migliaia di criminali minori che sono stati regolarmente reinseriti non solo nella società ma anche nell'apparato statale.
A questo punto non è più un caso che nel 1960 su 62 questori, 60 fossero entrati in servizio durante il ventennio, e che un numero non indifferente di prefetti, commissari di polizia, ufficiali dell'esercito, membri dei servizi segreti, del Ministero degli Interni e della Difesa fossero ex fascisti, ripuliti istituzionalmente.
Non è più un caso che durante gli anni di piombo alla dirigenza dei servizi segreti, della polizia e delle forze armate ci fossero ex appartenenti al partito fascista, ne tantomeno che le indagini e le denunce fossero inizialmente rivolte sempre a esponenti della sinistra eversiva.
Allo stesso modo in cui negli anni '20 i fascisti della prima ora vennero utilizzati dagli agrari e degli industriali per contenere le rivolte e gli scioperi di operai e contadini, così negli anni '60 e '70 vennero utilizzati dai poteri forti per indebolire i movimenti studenteschi ed operai.
Volendo concludere, non è nemmeno un caso se ai giorni nostri gruppi neofascisti come Forza Nuova, piuttosto che Casapound vengano manovrati, o meglio, utilizzati, dai partiti della destra per alimentare un clima di terrore nuovo, ormai diverso da quello degli anni '20 e '70. Insomma, saranno cambiati i tempi, e con essi i metodi, ma la sostanza in sé non è cambiata: la mancanza di un atto formale e, perché no, anche giudiziario, nei confronti delle organizzazioni fasciste nel nostro paese, unito alla mancanza di una cultura antifascista vera, ha permesso loro di poter continuare a sopravvivere, con alti e bassi, al tempo e ai cambiamenti.

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