venerdì 28 maggio 2010

GRECIA: DALL’ANTIPOLITICA AL BERLUSCONISMO? La figura di Andreas Vgenopoulos e le possibili conseguenze politiche della crisi (n°4 - giugno 2010)



Dal nostro uomo a Salonicco. Il 5 maggio, in occasione dello sciopero generale indetto dai sindacati contro le misure economiche varate dal governo del socialista Papandreou, Atene ha visto scendere in piazza un'enorme folla di dimostranti. 100, 150, forse 200 mila persone hanno sfilato per ore lungo le vie della città, in quella che probabilmente è stata la più grossa mobilitazione popolare dalla fine della dittatura dei colonnelli nel 1974.
Ma non è per l'enorme partecipazione che verrà ricordata questa manifestazione, purtroppo: ancora prima che il corteo si sciogliesse le agenzie di stampa avevano battuto la notizia della morte di tre impiegati morti asfissiati all'interno della banca nella quale stavano lavorando, in seguito all'incendio appiccato da un gruppo di manifestanti.
Inevitabilmente l'attenzione dei media, sia greci che internazionali, si è focalizzata sulla drammatica scomparsa dei tre, due donne e un uomo, poco più che trentenni. Al di là delle prevedibili dimostrazioni di sdegno e commozione, questo tragico evento avrebbe però potuto fungere da spunto per alcune riflessioni sulla Grecia al tempo della crisi, attirando, in particolare, l'attenzione su una figura emblematica e senza dubbio rivelatrice delle trasformazioni in atto nel paese.
La banca in questione è infatti una filiale della Marfin Popular Bank, uno dei principale istituti di credito greci (e non solo, visto che pochi anni fa ha acquistato la principale banca cipriota) e parte dell'impero Marfin Investment Group (MIG). Questo gruppo finanziario, il più grande di Grecia per giro d'affari, comprendente industrie alimentai, fast-food, compagnie di traghetti (la Super Star Ferries e la Blue Star Ferries, tenete presente doveste venire in vacanza in Grecia..), la compagnia aerea ex-nazionale-ora-privatizzata Olympic Airlines (la cui parabola presenta più di una somiglianza con quella di Alitalia), catene di alberghi e ospedali privati, fa capo a tale Andreas Vgenopoulos.
Osannato come il nuovo Onassis dai suoi numerosi ammiratori, Vgenopoulos, da un paio d'anni anche principale azionista e presidente del Panathinaikos, la squadra di calcio più popolare di Atene, è un gran bell'esempio di self made man alla greca. Di formazione giuridica, per circa quindici anni è stato a capo di un importante studio di avvocati ad Atene. La svolta per lui arriva nel 1998 quando, grazie a un'ingente somma affidatagli da armatori greci e investitori arabi, fonda la società di investimenti Marfin Financial Group (cambierà nome in MIG alcuni anni dopo). Per alcuni anni la Marfin opera in borsa con successo, fagocitando società rivali e acquisendo il controllo di istituti di credito di piccole dimensioni. Questo fino al 2005, quando il capitale azionario aumenta improvvisamente grazie a un massiccio investimento da parte della Dubai Investment Group. Forte di una disponibilità di capitali senza rivali per il mercato greco, Vgenopoulos e i suoi soci arabi iniziano a lanciare OPA a destra e a manca, assumendo rapidamente il controllo di tantissime imprese.
Alla folgorante ascesa di Vgenopoulos fa da contraltare la non esaltante situazione dell'economia greca: dopo una vertiginosa e ventennale crescita economica, la quale per altro si ripercuote solo in minima parte sui salari, tra i più bassi d'Europa, la situazione inizia a peggiorare. Il primo campanello d'allarme suona nel 1999 quando, dopo anni di folli speculazioni che avevano gonfiato a dismisura il valore di molti titoli azionari, la bolla speculativa scoppia improvvisamente facendo crollare la borsa e mandando in rovina migliaia di piccoli investitori. Gli sperperi per i lavori legati ai Giochi Olimpici del 2004 e le spese dissennate del governo Karamanlis hanno poi affossato definitivamente dei conti pubblici da sempre drammaticamente in rosso, fino a quando la situazione è apparsa in tutta la sua gravità con l'insediamento del governo del Pasok nell'autunno scorso.
Corruzione e clientelismo non sono certo una novità nella gestione del potere in Grecia; hanno accompagnato il paese fin dalla fine della dittatura e sono sotto gli occhi di tutti, anche perché non tutti, ma molti, ne traggono un qualche vantaggio. In tempo di crisi, però, le colpe della classe politica dominante (i due partiti-famiglia, Pasok/Papandreou e Nea Dimokratia/Karamanlis) vengono pesantemente stigmatizzate da un'opinione pubblica desiderosa di una ventata di novità. È a questo punto che Vgenopoulos, fino ad allora estremamente schivo e lontano dai riflettori, diventa un personaggio di primo piano del dibattito pubblico greco. Inizia a rilasciare interviste a televisioni e giornali dove professa la sua fede nel libero mercato («la gioia dell'attività imprenditoriale è la libera concorrenza») come soluzione alle bustarelle e all'immobilismo dei gruppi di potere legati ai partiti che soffocano l'economia del paese. Vgenopoulos si scopre così un ottimo intercettatore degli umori popolari e si guadagna molti consensi proponendo di rendere pubblici i conti in banca e i patrimoni di tutti i ministri e parlamentari. Non disdegna di riciclare demagogicamente gli slogan della piazza quando sostiene che «la crisi la devono pagare quelli che l'hanno creata, i politici», ma moltiplica anche gli attacchi contro l'irresponsabilità della sinistra e dei sindacati nell'aizzare scioperi e proteste.
Nell'ultimo periodo, con un'opinione pubblica alla disperata ricerca di un taumaturgo capace di traghettare la Grecia fuori dalla crisi, le prese di posizione a favore di un suo impegno politico si sono moltiplicate. Il fronte pro Vgenopoulos è ampio e variegato: si va dai nostalgico-fascisti che in nome della «salvezza nazionale» invocano «i "MIG" di Vgenopoulos 43 anni dopo i tanks di Papadopoulos», a numerosi mezzi di informazione come il quotidiano, conservatore ma molto autorevole, Kathimerini, fino ad arrivare ai tifosi, organizzati o meno, del Panathinaikos o a settori della Chiesa Ortodossa, per altro non proprio disinteressati visto che un potente monastero ortodosso, già coinvolto in uno scandalo immobiliare che nel 2008 portò alle dimissioni di due ministri, possiede un discreto pacchetto di azioni della MIG. Ma è soprattutto la gente comune, i milioni di Greci non schierati politicamente, che non partecipano alle manifestazioni ma votano i due grandi partiti di governo per abitudine o interesse, ad aver individuato in lui il salvatore della patria. Secondo un recente sondaggio la maggioranza dei Greci lo vedrebbe bene al ministero dell'economia, e lo stesso sondaggio rivela l'enorme potenziale elettorale del cosiddetto "partito degli imprenditori" della cui creazione si vocifera da tempo.
La soluzione proposta da Vgenopoulos per ripianare i conti dello Stato è semplice e accattivante: oltre a paventare, senza crederci veramente neanche lui, un'uscita momentanea dall'eurozona per rilanciare l'economia tramite l'inflazione, propone di coinvolgere i suoi amici di vecchia data, gli investitori arabi, in modo da tenere lontano dalla sovranità nazionale la poco amata Unione Europea e l'odiatissimo Fondo Monetario Internazionale. Trattandosi dell'uomo che ha convinto il governo a privatizzare la compagnia aerea nazionale e, parzialmente, OTE, la società pubblica di telecomunicazioni (le azioni in quota Vgenopoulos di quest'ultima sono state però rapidamente rivendute a Deutsche Telekom, unico "neo" nella carriera di un investitore che si dichiara paladino dell'interesse nazionale) si può immaginare quale sarebbe il prezzo da pagare per un eventuale iniezione di capitali privati nel bilancio dello stato. Un prezzo probabilmente ben accetto da parte di un'opinione pubblica sfiduciata verso una classe politica e uno Stato giudicati, non del tutto a torto, incapaci di amministrare decentemente i beni del paese.
Ma in ultima analisi il motivo principale della popolarità di Vgenopoulos risiede probabilmente nell'essere riuscito a porsi come l'alfiere dell'antipolitica, l'imprenditore di successo lontano dal marcio del potere che non ha dovuto stringere alleanza con i partiti per creare il suo impero. La realtà dei fatti è però leggermente diversa. Se in questo momento l'unica forza parlamentare che lo appoggia più o meno apertamente è il partito di estrema destra La.O.S., Vgenopoulos in passato ha goduto di espliciti appoggi sia in seno al Pasok che a Nea Dimokratia, come dimostrano le prese di posizione in suo favore di vari ministri e parlamentari al momento della privatizzazione dell'OTE. Così come, quando esige di sapere «che fine hanno fatto i 120 miliardi di euro», cioè il debito contratto dal governo Karamanlis, il nostro uomo sembra essersi dimenticato che proprio quel governo ha letteralmente regalato una trentina di miliardi alle banche greche per ripianare i loro conti, e che quindi una fetta di quei soldi è finita proprio nella casse della MIG.



Ma, al di là di un indubbio fiuto per gli affari, quali sono le basi della fulminea ascesa di un uomo come Vgenopoulos, e quella, su scala minore, delle migliaia di Vgenopoulos che infestano la Grecia? A questo proposito si potrebbero magari citare le accuse di aver corrotto giornalisti e imprenditori rivali, e un atteggiamento quantomeno spregiudicato nella giungla della finanza, atteggiamento talvolta sanzionato anche da multe e condanne, di lieve entità, da parte di tribunali e organi di vigilanza. Oppure la "liberalizzazione" selvaggia verso la quale stanno andando incontro i diritti, per altro già scarsamente applicati, di moltissimi lavoratori greci, sia nel pubblico che nel privato. A proposito dei tre impiegati morti nell'incendio: Vgenopoulos non si è nemmeno preoccupato di smentire le voci su una loro precettazione forzata alla vigilia dello sciopero, con il direttore che avrebbe minacciato di licenziamento chi non si fosse presentato al lavoro in una banca dove non erano rispettate le più basilari norme di sicurezza, prime su tutte quelle contro gli incendi.
Proprio i diritti dei lavoratori, i loro salari e le loro pensioni, sono le principali vittime del piano di risanamento votato nelle ultime settimane al parlamento greco per venire incontro ai diktat di Bruxelles e dell'FMI ma anche ai desiderata dei grecissimi neoliberisti, ansiosi di ridurre la faraonica spesa pubblica greca. Giustamente vengono presi provvedimenti contro gli sperperi di un'amministrazione pubblica elefantiaca, ma contemporaneamente si usa il paravento della crisi per fare piazza pulita di stato sociale e tutele dei lavoratori.
Così le nuove misure facilitano i licenziamenti, abbassano, in media di un 20%, il reddito dei dipendenti pubblici, creano contratti di primo impiego per i giovani a poco più di 500 euro mensili, vincolano le pensioni minime (360 euro al mese che, bontà sua, per il momento il governo non ha voluto diminuire) alla buona riuscita del piano di riforma pensionistica; in altre parole, se tra un paio di anni i conti ancora non dovessero tornare si taglieranno anche quelle. Mentre invece speculatori, banchieri, investitori senza scrupoli che si preparano a delocalizzare tutto, palazzinari che anche in tempo di crisi continuano a far costruire dai muratori albanesi case su case, gli squali come Vgenopoulos che si sono arricchiti destreggiandosi nel far-west greco osservano compiaciuti senza venire praticamente sfiorati dai provvedimenti, dato che al momento non sono previsti aumenti nella tassazione delle rendite e delle transazioni finanziarie, ma solo dei redditi.
Difficile prevedere gli sviluppi futuri sulla scena greca, anche nel breve termine. Per il momento il governo del Pasok sembra ancora ben saldo: le proteste di piazza non sono infatti accompagnate dalla proposta di reali alternative politiche. Resta il fatto che la disaffezione della gente verso il parlamento e i partiti tradizionali non è mai stata così alta, tanto che alcuni osservatori greci iniziano a tracciare dei parallelismi con quello che è successo in Italia all'inizio degli anni '90. E chi meglio di Vgenopoulos sarebbe pronto a giocare il ruolo del Berlusconi locale? Le caratteristiche ci sono tutte, anche la mancanza di mezzi di informazione nel suo impero (la MIG si limita ad appena il 3% delle azioni della televisione Alter) è ampiamente compensata dalle solide alleanze con personaggi chiavi nel settore, come il gruppo Alafouzos, proprietario del quotidiano Kathimerini, della televisione Skai e di numerose emittenti radiofoniche.
Il diretto interessato finora ha sempre categoricamente smentito un suo ingresso in politica, anche perché si rende conto che amministrare la Grecia in questo momento è una missione disperata. Intanto però la popolarità del personaggio è evidente, ben al di là dei sondaggi, e Vgenopoulos sa di essere sulla cresta dell'onda: sicuro di sé e arrogante, non ha esitato a presentarsi alla filiale del Marfin Bank ancora fumante dalla quale erano appena stati estratti i corpi dei tre dipendenti morti. Incurante delle accuse che gli sono state urlate contro dai numerosi manifestanti ancora presenti, per altro prontamente allontanati dai lacrimogeni e dai manganelli della polizia, si è così concesso un'altra passerella sotto gli obiettivi alle telecamere. Il comunicato della Marfin Bank, un duro attacco ai «responsabili morali» della tragedia, alle «complicità politiche» di cui godrebbero gli "incappucciati" e all'arrendevolezza del governo, è poi arrivato puntuale poche ore dopo la tragedia a sottolineare una volta di più il ruolo, chiaramente politico, che Vgenopoulos intende giocare nel complicatissimo scacchiere della società greca.

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