venerdì 28 maggio 2010

L'URANIO NON FA EROI (n°4 - giugno 2010)


Ancora a parlare di omicidi bianchi. Ancora a parlare di lavoratori uccisi dal padrone. Solo che in questo caso il padrone è lo Stato e il lavoro è “portare la pace”.
È sotto gli occhi di tutti, anche valutando i recenti accadimenti in Afghanistan e la successiva gestione mediatica della questione, come allo Stato faccia comodo avere dei morti tra le fila dei propri soldati. Soldati che ha mandato in giro per il mondo a proteggere gli interessi economici delle multinazionali che sponsorizzano le campagne elettorali del governo di turno, o per accontentare il grande capo Yankee. Che i morti al fronte non debbano essere troppi si intende, bisogna evitare che la gente cominci a chiedersi se ne vale la pena. Serve solo un contenuto numero di perdite che risvegli quel sano sentimento patriottico che compatta la nazione intorno al cordoglio per la vittima, per la famiglia della vittima, per gli amici della vittima, i compaesani della vittima, il cane della vittima… Lo stesso sentimento patriottico che serve a mandare la gente a votare o semplicemente ad accettare ed interiorizzare la presenza dello stato.
Non tutte le morti in divisa sono però uguali. Non tutti ricevono l’onore del funerale di stato con il tricolore sopra la bara ed i servizi dei telegiornali. Per le centinaia di morti e le migliaia di malati vittime dell’Uranio impoverito c’è solo abbandono ed insabbiamento.

L'uranio impoverito è ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell'uranio. L'estrazione avviene a partire dall'uranio contenuto in minerali naturali o dal combustibile irradiato prodotto dalle centrali nucleari. Utilizzato a partire dall’intervento della NATO in Kosowo per la produzione di proiettili esplosivi anticarro, l'uranio impoverito è un metallo pesante radioattivo. Un contatto diretto e prolungato con munizioni o corazzature all'uranio impoverito può causare effetti clinici nefasti. Presenta il fattore di rischio maggiore se direttamente inalato, ingerito, o posto a contatto di ferite. La tossicità chimica dell'uranio impoverito rappresenta la fonte di rischio più alta a breve termine, ma anche la sua radioattività può causare problemi clinici nel lungo periodo (anni o decenni dopo l'esposizione). Solo in Kosovo gli americani e i loro alleati hanno sparato 31 mila proiettili "speciali" e scaricato l’equivalente di dieci tonnellate di uranio impoverito, hanno sperimentato con disinvoltura armi in grado di perforare come burro la corazza di un tank, sprigionando nell’impatto radiazioni e polveri nocive.
Dopo i primi episodi di morte sospetta e le denuncie televisive che ne sono seguite, il 22 dicembre 2000 è stata insediata una commissione, presieduta dal Prof. Franco Mandelli, con il compito di accertare tutti gli aspetti medico-scientifici dei casi emersi di patologie tumorali nel personale militare impiegato in Bosnia e Kosovo. La popolazione studiata dalla commissione è quella composta dai militari che dal dicembre 1995 al gennaio 2001 hanno compiuto almeno una missione in Bosnia e/o Kosovo. Le popolazioni degli abitanti di queste regioni, non sono quindi state prese in considerazione. I risultati di questo primo studio sembrano smentire il legame diretto tra il comparire delle patologie nei militari e la loro esposizione all’Uranio impoverito. Questa conclusione, definita parziale dalla stessa commissione che la stilò, basandosi su dati obsoleti tenta di fatto di insabbiare la questione smentendo l’evidente relazione tra l’Uranio impoverito e il manifestarsi di forme tumorali.
Tre successive relazioni della commissione Mandelli (l'ultima del 2002) sono arrivate a concludere che, rispetto al numero "statisticamente atteso", le vittime nel gruppo di riferimento (i militari che hanno preso parte alle varie operazioni nelle aree incriminate) sono quattro volte superiori. La commissione, però, pur auspicando ulteriori approfondimenti, continua a non trovare un nesso tra la presenza dell'uranio impoverito e i casi di tumore verificati. Una successiva commissione d'inchiesta è andata oltre sostenendo che i dati della Mandelli erano probabilmente sbagliati e sottostimati. Oggi non ci sono praticamente più dubbi sull'esistenza di un nesso tra i casi di decesso e l’esposizione all’Uranio Impoverito. Sul numero delle vittime l'incertezza è ancora totale: si oscilla, a seconda delle rilevazioni, tra i 77 e i 160 morti, e tra i 312 e i 2.500 malati.

La riflessione conclusiva la voglio spendere per definire il concetto di omicidio bianco. Il datore di lavoro che per il suo guadagno espone i dipendenti a situazioni che ne causano la morte, è moralmente e politicamente responsabile di ciò. Questo vale per tutti i lavori, anche quelli che meno ci piacciono, anche quelli dove si imbraccia un fucile e si spara. Parlare di omicidi bianchi riferendosi ai militari, ovvero a persone che fanno dell’omicidio la propria professione, sembra decisamente paradossale ed infastidisce molte sensibilità. Ma ciononostante, a vivere questo paradosso sulla pelle sono quelle persone che, a causa della loro ricattabilità sociale, prendono la decisione moralmente inaccettabile di diventare al tempo stesso assassini di professione e carne da macello per gli interessi dei soliti porci.

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