giovedì 8 luglio 2010

DIRITTO ALLA CASA

Sfrattata, disperata e con le spalle al muro, oggi (giovedì 8 luglio) la signora Irene Zappalà di Gambolò (PV) ha cercato un provvisorio riparo in alcuni locali abbandonati della stazione di Remondò. La sostengono Insieme per Pavia, il Centro Sociale Barattolo, il comitato città e legalità, la Federazione della Sinistra e alcuni cittadini Gambolesi.

Lotta alla povertà o lotta ai poveri? Prendiamo Gambolò, cittadina di 8.300 abitanti della bassa lombarda, a guida Lega-Popolo delle Libertà; prendiamo la sindaca Elena Nai, già nota alle cronache per il suo leggendario antiziganismo: avrebbe voluto cacciare i Sinti – 5 famiglie, 19 persone di cui 7 minori – cittadini italiani residenti a Gambolò da secoli.
Ora tocca a Irene Zappalà, abbandonata in mezzo a una strada insieme ai figli dalla “sua” sindaca, che per lei ha solo parole, parole e parole…Intanto è maturato lo sfratto esecutivo, con l’ufficiale giudiziario sceso a far valere i diritti della proprietà. Soluzioni se n’erano trovate: ad esempio, la stazione di Remondò, da cinque anni in comodato d’uso al comune “per fini sociali di pubblico interesse”. La signora aveva chiesto di poterla abitare per uno-due mesi, il tempo di trovare un alloggio alla portata, se non la casa popolare. Irene si era offerta di provvedere alle pulizie e all’apertura e chiusura della sala d’attesa. Pronta è arrivata la risposta comunale: il 16 giugno scorso la Sindaca ha revocato il comodato d’uso con le Ferrovie e restituito l’edificio al mittente, nonostante un insistente tentativo di mediazione da parte della prefettura.

Quarant’anni, due figli, Irene Zappalà lavorava come addetta alla cucina presso la casa di riposo Fratelli Carnevale. Dopo una vertenza sindacale, nel 2006 – nonostante l’asma – si ritrova relegata alle pulizie degli scantinati (“per rappresaglia”) e infine licenziata nel 2008. Poi il progressivo scivolare giù, nell’indifferenza generale, fino allo sfratto. L’unico aiuto concreto le è stato offerto dai Sinti. Sì, gli zingari residenti a Gambolò, che ogni tanto le portano alimenti. Insomma una nuova ed inedita solidarietà tra emarginati “storici” e questi nuovi marginalizzati la cui interazione supera finalmente le categorie di etnia, cultura, identità. Interazione che smentisce l’artificio dei presunti “conflitti culturali”, branditi come clave da élite pseudopolitiche che soffiano sul fuoco dell’intolleranza e del pregiudizio istigando all’odio razziale nei confronti degli stranieri o criminalizzando i poveri invece della povertà.

Nella sola provincia di Pavia tra sfratti pendenti e richieste di esecuzione si sommano 2016 casi. Aumentano del 27 % gli sfratti per morosità, calano del 10 % quelli per finita locazione. Nonostante il calo degli abitanti e le numerosissime case sfitte o invendute (che hanno fatto crollare in un anno il mercato del 19 %) la provincia di Pavia è seconda solo a Milano nella classifica del consumo di territorio declinato a edilizia residenziale: è il business semplice semplice che ben concilia la malapolitica alla finanza creativa; senza incontrare affatto il pubblico interesse a partire dall’edilizia popolare che arriva ad un misero 4 % del totale affatto in grado di assolvere alla domanda crescente.
Insondato appare il terreno degli immobili sfitti (nella sola Pavia se ne conterebbero più di 3000) o in disarmo. Non si sa con precisione quante siano, certamente sono più delle famiglie sotto sfratto. Per salvarle basterebbe semplicemente dare loro un’abitazione; per salvare le stazioni ferroviarie o le canoniche dimesse basterebbe abitarle.

Nessun commento: