Il ricorso alla cassa integrazione, che era diminuito rispetto ai picchi segnati tra 2009 e 2010 (ma in provincia di Pavia meno rispetto alla media lombarda), è tornato ad avere un andamento preoccupante all’inizio di quest’anno, con una netta crescita nei primi 3 mesi (ad esempio +58% da febbraio a marzo, soprattutto per quanto riguarda la cassa straordinaria), prima di un leggero calo tra marzo e aprile. Per quanto riguarda gli ultimi mesi, mancano numeri aggiornati, ma vanno segnalate alcune situazioni di crisi, come quella della Idreco di Voghera (produzione di impianti per potabilizzare l’acqua), con un terzo dei 50 dipendenti messi in cassa integrazione e la voce di possibili licenziamenti dopo la perdita di alcune commesse in Libia, oppure quella, sempre a Voghera, della Pnr, dove i 70 dipendenti, da aprile, stanno facendo un anno di cassa straordinaria a rotazione. Da maggio stessa situazione per gli 86 operai della Icss di Gropello, dove per il momento sono stati evitati i 35 licenziamenti di cui parlava l’azienda. Altra situazione grave è quella dei 16 operai della Fp Lighting di Vidigulfo (erano 30 fino a pochi mesi fa), con stipendi pagati in ritardo e uno stato di dissesto finanziario che non permette di assicurare la continuazione della produzione nonostante gli ordini ci siano. È capitato infatti che gli operai arrivando al lavoro trovassero la corrente staccata.
Se comunque in alcuni settori il ricorso alla cassa integrazione tende a diminuire nonostante le tante crisi aziendali (e spesso perché le imprese esauriscono le ore a disposizione), è in aumento nell’edilizia, settore con un numero altissimo di licenziamenti e dove sono fallite 800 imprese in poco più di due anni. Nel settore dei laterizi, legato all’edilizia e storicamente presente in alcune zone della provincia, si lavora 3 o 4 mesi l’anno, per il resto si ricorre alla cassa integrazione, che però non dura in eterno. Collegata alla situazione dell’edilizia è la questione della Record, che produce per questo settore. Già da diverso tempo in crisi, è stata acquisita a gennaio dal gruppo bergamasco Magnetti: i lavoratori speravano in un rilancio, invece Magnetti ha deciso di chiudere lo stabilimento di Garlasco per mantenere solo un punto vendita. L’intenzione è quella di licenziare 54 operai su 78 allo scadere della cassa straordinaria a fine agosto.
Solo tra gennaio e marzo 700 persone in provincia hanno perso il lavoro. Dall’inizio della crisi i licenziamenti hanno superato i 5mila. Va precisato ancora una volta che si calcolano in questo conto solo i lavoratori con contratti che permettono un inserimento nelle liste di mobilità o l’accesso a un sussidio di disoccupazione, quindi restano fuori praticamente tutti i precari con contratti non rinnovati.
Tra gli ultimi casi di licenziamento, 10 operai perdono il posto alla Fonderia vigevanese di Parona dopo i lunghi periodi di cassa integrazione che hanno interessato i 57 dipendenti.
In arrivo la mobilità anche per i 28 dipendenti (in maggioranza donne e molto lontane dalla pensione) del Superdì di Pavia, sulla Vigentina, supermercato che ha chiuso a inizio luglio, senza possibilità di riassunzione in altri supermercati della catena.
Va verso la chiusura anche la Tanino Crisci di Casteggio: è atteso il verdetto in tribunale sull’istanza di fallimento ma comunque la possibilità che la produzione possa continuare è molto bassa, la speranza dei 16 operai e dei 3 impiegati rimasti (ma anche dei commessi sparsi per il mondo, dato che si tratta di un marchio di lusso che ha – o aveva – negozi da Milano a New York) è un anno di cassa straordinaria invece che finire subito in mobilità come già successo alla maggior parte dei dipendenti. Sempre da un giudice si aspettano notizie sullo stato passivo della fonderia Smc di Montebello, dove sono 33 gli operai che rischiano di perdere il lavoro.
Per quanto riguarda invece la Genset di Villanova, l’azienda cerca operai che vadano volontariamente in mobilità, ma le ipotesi di licenziamenti massicci sono state ridimensionate: la soluzione momentanea è stata trovata a febbraio nei contratti di solidarietà. L’orario di lavoro è dimezzato ma viene mantenuto il 90% dello stipendio con il contributo dell’Inps nel pagare le ore non lavorate. L’azienda aveva inizialmente annunciato 110 esuberi, diminuendoli successivamente e proponendo varie soluzioni “alla Marchionne”. Nello stesso periodo sono stati firmati contratti di solidarietà, con orario – e stipendio – ridotto alla Euroclone di Siziano (50 dipendenti, oltre ai 90 di Pero), dove si parlava di 15 licenziamenti, e alla Busi di Mezzanino, dove l’azienda ha fatto un passo indietro sulle 6 mobilità annunciate.
Ha trovato un acquirente dopo mesi in amministrazione controllata (e mesi di cassa integrazione per i circa 200 operai) la Cablelettra di Robbio, fabbrica di sistemi elettrici per auto, ma le condizioni che erano state poste alle imprese interessate, cioè soprattutto garantire l’occupazione, di cui parlavano il commissario ministeriale e i sindacati, sembrano essere state messe da parte. L’azienda è stata recentemente acquisita dal gruppo giapponese Yazaki, che ha deciso di non continuare la produzione a Robbio e di riassumere solo una parte degli operai, che saranno trasferiti in provincia di Torino, dove la Yazaki ha un altro stabilimento. In sostanza, 80 operai, i cui nomi si sapranno a breve, faranno 3 ore di viaggio ogni giorno su un pullman aziendale oltre all’orario di lavoro. Per tutti gli altri una buona uscita di 6mila euro e il rinnovo della cassa integrazione, che rappresenta solo un rinvio dei 120 licenziamenti.
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